Friday, February 27, 2009

Comunicare la scuola con il Web 2.0


Quando Stefano Rolando, subito prima o subito dopo che la scuola italiana entrasse nella stagione dell'autonomia, sottolineava la necessità per la scuola di comunicare "dentro" e "fuori", non a tutti risultava immediato capire cosa intendesse. Oggi, la disponibilità delle tecnologie 2.0 lo rendono molto più facile tracciando una linea di demarcazione tra il prima e il dopo.
Prima, all'epoca del Web 1.0, la comunicazione è soprattutto semantica, si organizza attorno ai contenuti: ne sono protagonisti il sito Web della scuola e, non a caso, il webmaster. In quella prospettiva la comunicazione è un dictum: un messaggio, un contenuto, qualcosa da far sapere.
Oggi, all'epoca del Web 2.0, la comunicazione diviene pragmatica, si organizza attorno alle azioni, a un agire: e infatti passa attraverso Facebook, i blog, non necessita più di webmaster, ma di moderatori. O meglio, di moder-attori, il cui compito è quello di attivare un fare: delle azioni, delle interazioni, delle pratiche negoziali.
Proprio i nuovi artefatti tecnologici - basati sulla collaborazione e sulla generazione dei contenuti da parte degli utenti - sono protagonisti di questo cambio di paradigma consentendo al dirigente scolastico di intercettare due logiche che sono molto ben presenti alle moderne teorie dell'organizzazione.
Sull'asse della comunicazione esterna, la logica della co-costruzione del valore. Quano una scuola raccoglie in Facebook i suoi alumni, o la community dei genitori, sta chiamando questi soggetti a rendersi protagonisti del processo con cui la scuola stessa costruisce il proprio valore. E' il modello IKEA: la scuola-IKEA.
Sull'asse della comunicazione interna, invece, ad essere intercettata è la cura del silenzio organizzativo che è uno dei problemi più opachi di tutte le organizzazioni. Nella prospettiva dello story-telling l'organizzazione che parla, che comunica, che si racconta, si sottrae a questa logica paralizzante. Ancora una volta i dispositivi 2.0 lo rendono possibile, proprio nella misura in cui offrono alle risorse umane dei luoghi biografici, degli spazi dove l'ascolto prende il posto del silenzio.