Personal Blog of Pier Cesare Rivoltella. A place where it's possible to talk about Media, ICT and Education
Sunday, March 22, 2009
Nati digitali?
Il titolo mi piace poco, devo dirlo. Mi piace poco perché insinua il sospetto che si sia già deciso in anticipo che i media digitali producono trasformazioni nei "nuovi" bambini e adolescenti che ci smanettano sopra. E invece le cose sono più complesse. Perché non è possibile isolare la tecnologia nella sua capacità di produrre effetti sulle persone da tutti gli altri elementi che nei contesti sociali interferiscono su questa relazione. I nati(vi) digitali leggono meno perché passano più tempo con i media? O passano più tempo con i media perché leggono meno? Ed è poi vero che leggono meno? Se si sta a quanto le ricerche dell'équipe di Morcellini hanno fatto emergere sui consumi culturali dei giovani si direbbe di no: e infatti nell'ultimo decennio risulta che leggono di più. Qundi, prima cosa: il rapporto tra soggetto e tecnologia va letto al riparo dalla tentazione di facili determinismi. Chiarito questo articolo il mio pensiero in tre passaggi.
1. I consumi. Qui mi interessano più i tratti che accomunano nativi e adulti (gli immigranti) che non quelli che ne demarcano il gap. Mi interessano di più perché sono messi in evidenza dalla ricerca recente e dai recenti sviluppi degli usi sociali della tecnologia. La mia tesi è che il divario tra nativi e immigranti si va facendo sottile. Penso a tre aspetti. Primo: la tecnologia si va facendo invisibile (Norman), e questo la rende più facile, anche per chi come l'adulto è tradizionalmente meno avvezzo a relazionarsi con essa. Secondo: per tutti (noi compresi) le tecnologie stanno sempre più diventando protesi di competenza sociale. Comode per dirsi cose spiacevoli o comuqnue imbarazzanti, in ogni caso sempre più "innestate" nelle nostre vite. Terzo: la tecnologia (soprattutto i cellulari) va definendosi come uno spazio interessante di relazioni intergenerazionali, luogo di negoziazione dei rapporti, anticamera di un ritorno del dialogo educativo.
2. I punti di attenzione educativi. Sono quattro, comuni alla preoccupazione educativa dei genitori di tutti i tempi. Li possiamo ridurre ai seguenti: luogo (da dove comunicano?), tempo (per quanto tempo e in quali tempi?), contenuti (cosa scaricano? cosa pubblicano?), relazioni (con chi comunicano e quali spazi sociali allestiscono?).
3. Linee di intervento. Le agenzie educative possono ragionare su questi punti di attenzione, presidiandoli secondo i loro specifici. In particolare due parole in più le spendiamo sulla scuola. Qui due osservazioni. La prima. Non è vero che la scuola è solo "giurassico tecnologico", è sempre in ritardo sul nuovo, vive nel passato, è luogo di insegnanti incompetenti e demotivati. Chi ci lavora sa che la scuola è al contrario spazio di molte eccellenze, di professionalità eccezionali, di buone pratiche. Il problema è far diventare tutto questo sistema. Ecco il punto. A questo riguardo ho tre indicazioni operative: a) concentrarsi sul mindware, sulla testa dell'insegnante, cioè sulla tecnologia che realmente fa la differenza; b) applicare alla tecnologia la stessa ricetta che la Media Education ha applicato ai media tradizionali, insegnare il pensiero critico; c) lavorare per la costruzione di un'appropriazione responsabile della tecnologia da parte dei ragazzi. Il tema della cittadinanza passa oggi in larga parte da qui.
“tecnologia invisibile”
ReplyDeleteDi fronte a cloud computing, Saas, all’ulteriore forte accentuazione sull’immaterialità del mezzo parrebbe anacronistica l’invasiva fisicità della LIM, quasi imbarazzante. Che il futuro della LIM sia già passato?!