Saturday, March 24, 2012

Mediashow 2012



Sono appena tornato da Melfi. Ho partecipato alla quattordicesima edizione del Mediashow, l'olimpiade scolastica della multimedialità. Centoventi ragazzi da tutto il mondo (anche un cinese, tra ungheresi, romeni, svedesi) che in otto ore sviluppano un tema attraverso il linguaggio della multimedialità.Un'esperienza interessante che devo all'insistenza di Alfio Andronico, "padre" storico dell'informatica e di AICA nel nostro Paese. Da tre anni mi invitava e avevo sempre qualche impegno concomitante. Quest'anno ho risposto all'invito ed è stato Alfio a "marcar visita". Gli auguro che si riprenda in tempo per il nostro Congresso della SIREM, a Milano, il 5 e 6 giugno prossimi. Prendo spunto da questa giornata passata nella storica cittadina del Vulture per fare qualche considerazione.

1. Arrivo al "Ruggero II", il Liceo che ospita la manifestazione, con la navetta che mi ha prelevato in albergo. Scendo e all'entrata della scuola la Banda dei ragazzi ci accoglie a ottoni spiegati. La grancassa e i piatti fanno il resto: il clima è da processione del Santo. Tutto intorno ragazzi affaccendati, ragazzi alle finestre delle scuole vicine, il camion della sede Rai della Basilicata. Vengo rapito per un caffè da Riccardo Rigante, professore di latino e greco, Preside del Ruggero II fino allo scorso anno, vero artefice del Mediashow. Il professor Rigante è un uomo intelligente, colto e di carisma. Me ne accorgo poco dopo, quando nell'aula magna, dopo l'inno di Mameli suonato dai ragazzi, le autorità si avvicendano ai saluti senza riuscire a eliminare il brusio di sottofondo dei ragazzi e dei loro professori. Quando al saluto viene chiamato Rigante, si fa silenzio. Conosco bene la scena. Succede nella scuola quando hai stima di chi ti sta davanti. E Rigante è un uomo di scuola. Lo apprendo da tante cose lungo la giornata che passiamo insieme. A sera, quando ci salutiamo, siamo diventati amici.

2. La traccia che arriva dal Ministero è stralunata. Come spesso accade anche per i temi dell'Esame di Stato, la frase che fa da premessa alla richiesta è decontestualizzata, non c'entra nulla con il resto. Ai ragazzi viene chiesto di girare uno spot di tre minuti su come dovrebbe essere la scuola del futuro, su come si immaginano la classe con le tecnologie. Mentre immagino le difficoltà che gli "olimpionici" dovranno affrontare (ma chi lo sa come sarà la scuola del futuro? E come si fa a chiedere a dei ragazzi come vedono il setting tecnologico?) un dubbio mi balena all'improvviso (e lo confesserò poi all'assemblea). Visto che dalle classi 2.0 dei lumi sulla scuola del futuro non sono arrivati, si spera magari che qualche ragazzo possa essere d'aiuto al riguardo.

3. Si parla di apprendimento e tecnologie. Dopo il mio intervento si succedono gli interventi della platea. Si ragiona di innovazione. Un professore mi chiede se si può fare innovazione inserendo tecnologie a chili nelle classi e se non servirebbe più formazione. Un altro si chiede perché la Riforma Gelmini abbia tagliato quasi tutti i laboratori se poi proprio il momento del laboratorio è quello che pare più rispondente alle esigenze della nuova didattica. Non posso rendere ragione di tutte le domande. Ma traspare grande consapevolezza. La stessa che incontro durante la pausa dei lavori. Mi accosta una dirigente di Sant'Eramo in Colle, mi chiede pareri un professore di matematica di Napoli, una professoressa mi chiede di dedicarle la copia di "A scuola con i media digitali" che tiene in mano. Scopro di avere una fan accanita, che segue Medialog e compra tutti i miei libri. Le auguro di trovare sempre nell'insegnamento il privilegio, l'unico, che l'insegnamento ci offre come insegnanti: il sorriso e la gratitudine dei ragazzi.

4. Ritorno verso l'aeroporto di Palese. Il giovane conducente della macchina a noleggio e il suo amico raccontano di una sorella per lavoro a Milano, di genitori che gestiscono un'impresa di autotrasporti in Friuli. Loro sono rientrati: non si integravano. Preferiscono il loro Sud. Passiamo di fianco allo stabilimento della FIAT. Sperano che tenga: se chiudesse sarebbe un disastro. Mentre corriamo verso Bari ripenso alla giornata. Ho vissuto la scuola nella provincia italiana. E quel che me ne riporto a casa sono i volti dei professori, il loro entusiasmo, la loro serietà. Professionisti che aspettano risposte da un Ministero che non li conosce, perché nelle scuole non ci va. Loro hanno molta più qualità di quanto le nostre indagini non ci possano dire. I discorsi sulla crisi dell'educazione e sullo sfascio della scuola sono facili. Ma la scuola italiana è anche altro: è la banda che stona ma ti emoziona suonando l'inno, sono i ragazzi dell'Alberghiero nelle loro marsine, è il professore di Napoli che ti chiede se ti può scrivere, se possiamo parlare di quello che lui fa in classe, è Rigante che citando Orazio sogna un concorso nazionale sui libri scolastici: "E perché non li dovremmo poter valutare? Perché non potremmo dire agli insegnanti quali meritano di essere adottati?".

Spero mi invitino ancora il prossimo anno.

1 comment:

  1. "Professionisti che aspettano risposte da un Ministero che non li conosce, perché nelle scuole non ci va". Non solo. Un Ministero che per il 2013 esclude anche questa iniziativa dal Programma di Valorizzazione delle Eccellenze. E poi parlano di competenze...

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