La
realtà dei piccoli plessi (nelle zone montuose e rurali, come nelle isole
minori) come quella delle sezioni di scuola in ospedale, rappresenta oggi, nel
nostro Paese, uno snodo importante di discussione nella prospettiva delle
politiche educative.
Da
una parte, in tempi di spending review, si sarebbe tentati di ritenere che
conservare organici in simili situazioni caratterizzate da numeri scarsi di
studenti sia antieconomico e che quindi queste realtà debbano andare
inevitabilmente a scomparire. Tuttavia, in una logica di servizio e di analisi
culturale del fenomeno, occorre considerare che il venir meno della scuola in
queste realtà comporterebbe gravi disagi agli allievi e alle loro famiglie,
oltre a impoverire il territorio preparandone l’abbandono da parte dei giovani,
costretti al trasferimento anticipato in città. Ma la questione si può
considerare anche dal punto di vista didattico. La pluriclasse – situazione
didattica maggiormente diffusa in questo tipo di contesti – può essere vista
come una necessità, ma anche come un’opportunità. Infatti, in questo tipo di
organizzazione del suo lavoro, l’insegnante è naturalmente portato a sperimentare
metodologie e tecniche che in un’aula tradizionale non ottengono spazio
rispetto alla lezione frontale: è il caso delle didattiche tutoriali, del
lavoro in piccolo gruppo, del peer learning e del reciprocal teaching, della
didattica per livelli. Insomma, la cosa interessante è che in queste
situazioni, la precarietà si trasforma in ricchezza e la classe diventa con
molta più facilità laboratorio di innovazione. Questo consente di presentare ai
genitori la scuola nel piccolo plesso come un’opportunità e non come un
ripiego.
Come
CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Informazione e alla
Tecnologia) siamo impegnati ad accompagnare questi processi in alcuni specifici
contesti: la scuola in ospedale in Regione Lombardia (Rivoltella, Modenini,
2012), la scuola delle isole minori in Regione Sicilia (il Centro è stato
incaricato della formazione degli insegnanti di queste isole per l’anno
scolastico 2012-13), la scuola dei plessi montani (a quest’ultimo riguardo sono
ai nastri di partenza due sperimentazioni, una in Regione Liguria che fa capo
all’IC di Sassello e alla rete di scuole di cui è scuola-polo, l’altra in
Regione Emilia Romagna riferita all’esperienza del “Biennio Bardi”).
Con
particolare riferimento alla scuola dei plessi montani (il CREMIT ha proposto
una sperimentazione articolata, il progetto PIT-STOP, anche all’USR Lombardia)
l’idea è di attivare un percorso a tre livelli nelle scuole interessate:
1)
sul piano organizzativo, la messa a punto di un modello di scuola costruito su
una dosatura della dotazione di organico, un uso intelligente della
videocomunicazione, un sostanzioso ricorso alla didattica tutoriale;
2)
sul piano didattico, l’aggiornamento degli insegnanti allo sviluppo di un nuovo
approccio all’insegnamento basato sul “Metodo EAS” (Episodi di Apprendimento
Situato). Il metodo è fissato nel volume di Pier Cesare Rivoltella: Didattica per EAS. Episodi di Apprendimento
Situato, La Scuola, Brescia, in uscita a marzo 2013;
3) sul piano formativo, la preparazione di tecnici
e tutor, questi ultimi da reclutare sui territori in accordo con le
amministrazioni locali.
Avendo avuto l'opportunità di lavorare in una pluriclasse, posso affermare che può diventare davvero una risorsa. Anche se molto faticoso, avendo a disposizione dei media e degli strumenti di supporto, ci si arricchisce reciprocamente. Grazie al tutoring gli alunni prendono coscienza dei punti di forza e di debolezza, dei limiti e delle difficoltà, della soddisfazione e dell'impegno che richiede educare, divenendo a loro volta moderatori nella relazione educativa. Condivido l'idea che queste occasioni sono da non perdere. Domenica Carrozza
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