Ieri mi trovavo a Roma. Ero in riunione, all'Università Salesiana, nell'ambito di un'attività di peer reviewing universitaria. Un SMS mi raggiunge. E' di mio figlio. Leggo e rimango paralizzato; poi lentamente ritrovo il ritmo del respiro. Mi segnala la scomparsa di un collega e amico di tanti anni, musicista raffinato e professore di musica, con cui abbiamo condiviso tanto: l'obiezione di coscienza, i miei primi passi di educatore, l'amicizia di un fratello maggiore - il nostro Don Emilio; poi il fatto di essere colleghi, infine di gestire entrambi una responsabilità che nel sistema scolastico salesiano è quella del Consigliere.
Per Don Bosco il Consigliere doveva (e deve) essere il padre dei suoi ragazzi: incaricato della disciplina, doveva (e deve) trasmettere il rispetto delle regole, ma anche la correttezza, il senso di responsabilità. Lo affianca il Catechista: incaricato della formazione spirituale, incarna la figura materna. L'uno ragione, l'altro amorevolezza; l'uno più "severo", l'altro più "umano".
Quante volte con Ivano ci si lamentava un po' della nostra condizione... Ci dicevamo che toccava sempre a noi fare i duri. Lui, poi, il duro lo faceva bene... Oh si, se lo faceva bene! Anche se sorrideva di sottecchi mentre "faceva la parte", perché come tutti quelli che sono abitati dal carisma di Don Bosco non poteva trattenersi da una irresistibile simpatia per i più "difficili", gli indisciplinati, i "creativi nel casino". Non posso dargli torto. I migliori si ricordano di te, ma quelli che veramente hai segnato e non ti dimenticheranno mai sono quelli che hai dovuto "correggere". Quelli a cui i genitori non hanno prestato abbastanza attenzione, quelli a cui nessuno ha mai detto un no, quelli che per tanti motivi hanno fatto scelte sbagliate: ecco, per loro sei stato Maestro, proprio nella durezza di un richiamo che era però segno dell'interesse per la loro persona. "Chi ti vuol bene ti fa piangere" recitava un vecchio adagio: la correzione, anche "robusta", è cosa del cuore, parla il linguaggio dell'amore...
Lo hanno capito i ragazzi di Ivano, i suoi tanti allievi ed ex-allievi. Hanno aperto gruppi in Facebook, sempre in Facebook hanno fatto correre il tam-tam per il funerale che si celebra domani. Curioso. Facebook, questo spazio tanto discusso che sarebbe lo spazio del disimpegno e della leggerezza di una generazione, i nativi, gli adolescenti, incapaci di sentimenti veri (almeno questo sentenziano molti soloni), bene Facebook manifesta il suo volto vero e cioè di essere un fenomeno profondamente re-ligioso.
La re-ligio è un re-legare, è un tenere insieme: l'uomo con Dio, l'uomo con l'altro uomo. Nel momento della morte dell'insegnante tanto amato, "maestro, fratello e amico", i suoi ragazzi si re-legano in Facebook. Le pagine, i messaggi che si susseguono, i commenti, i tag, i "mi piace", i "ci sono" disegnano una teoria incredibile, rendono palpabile l'amore, il bisogno di maestri veri di una generazione più profonda di quanto non ci possiamo immaginare. E la cosa straordinaria è che la re-ligione di Facebook unisce veramente le generazioni, se è vero che tutti siamo qui a condividere le stesse emozioni, lo stesso sentire, in un'esperienza che non è semplicemente sociale, ma corale.
Un requiem in Facebook è meno solenne che altrove, ma è vivo e consegna a tutti i noi e ai cari che Ivano lascia una certezza: il suo messaggio di bene, il suo essere testimone nell'educazione, vivono nei suoi allievi e nei suoi amici. Il Social Network lo sigilla: molti di coloro che grazie a lui non si sono persi, diventando uomini, lo raccontano come in una estrema forma di ringraziamento.
Scrivi e piangi. Piangi leggendo i ricordi, le frasi, i saluti. Piangi e non capisci se è perché soffri o perché ti sorge dentro una strana gioia. E' la gioia di vedere - proprio in Facebook - la prova dell'amore, o meglio, la prova che l'amore vince sempre e trasforma tutte le cose.
"Ora lascia, O signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola..."