Sentii parlare di Elisa Frauenfelder per la prima volta parecchi anni fa. Fu Cesare Scurati a citare i suoi lavori nell'ambito di un dibattito pubblico in cui discuteva (e dissentiva) dell'ipotesi che Elisa da qualche tempo portava avanti, ovvero la possibilità di aprire una nuova strada alla pedagogia mediante la sua contaminazione con le scienze biologiche.
Ritrovai quelle stesse tesi molti anni dopo, mentre mi immergevo in quella lunga sessione di letture neuroscientifiche che mi avrebbero condotto a scrivere Neurodidattica. Quando il libro uscì, nel 2012, pensai che il minimo che potessi fare era di rendere il dovuto omaggio a chi come lei aveva in fondo anticipato quello che oggi molti trovano normale, ma che quando Elisa cominciò a parlare di bioeducazione non lo era affatto: la necessità per la pedagogia e la didattica di guardare alle scienze biologiche, in particolare alle neuroscienze cognitive. Una necessità che prende corpo in almeno due direzioni: quella del ripensamento dell'epistemologia pedagogica e quella dell'applicazione didattica e sperimentale.
Quella citazione, quel breve omaggio, fu l'inizio della nostra breve amicizia, breve perché oggi Elisa purtroppo non è più fra noi. Mi colpì subito il suo entusiasmo, la sua felicità per quel riconoscimento: professore ordinario per tanti anni alla Federico II, non aveva certo bisogno della mia menzione. Eppure quelle poche righe la riempirono di gioia. Me lo testimoniò di persona, nel suo studio, al Suor Orsola Benincasa nel primo dei nostri incontri. E mi chiese subito di darle del tu.
Elisa Frauenfelder è stata una maestra. Il maestro, nel mondo dell'Università, non è solo chi sa "fare scuola" coltivando i talenti dei suoi allievi (e lei ne ha avuti molti: da Flavia Santoianni a Maura Striano, da Maurizio Sibilio e Marisa Iavarone...), non è solo chi apre strade nuove (e il paradigma bioeducativo di sicuro lo è stato): maestro è chi si distingue per dottrina e per stile. Nel poco tempo in cui ho avuto il privilegio di conoscerla e di fregiarmi della sua amicizia, questo è subito risultato chiarissimo per me: la profonda conoscenza, il grande sapere, e insieme il tratto, l'eleganza, la misura.
Ora Elisa se ne è andata. Mi rimangono di lei le ultime battute scambiate al telefono, a Napoli, nei mesi scorsi: si scusava per non poterci raggiungere e mi dava appuntamento a presto. Resta la sua lezione: l'esortazione alla pedagogia a frequentare i confini con le altre scienze, a non averne paura; la libertà di pensiero, noncurante del rischio di percorrere strade troppo nuove, esponendosi alla critica; la signorilità di chi guarda le cose relativizzandole. Grazie Elisa! Ce ne ricorderemo.