Ieri si è spento mio papà. Avrebbe compiuto i 79 anni il 20 maggio. Si è spento mentre gli tenevo la mano sopra la testa, come lui faceva quando ero piccolo e insistevo per dormire nel "lettone". Quella mano sulla testa mi tranquillizzava. Era una mano che diceva: "Sono qui! Non temere!". Mi piace credere che anche attraverso il coma e al di là delle certezze della scienza medica ("Non sente niente!") lui avesse la stessa percezione di calma, di tranquillità: "Sono qui! Non temere!"
La morte, i ricordi, il senso delle cose - Mia mamma ci aveva lasciato quando di anni ne aveva 49. Un carcinoma se l'era portata via in cinque mesi. Preparavo
Storia della filosofia antica in ospedale, mentre le facevo compagnia e in quel modo, chiacchierando con lei, condividendo con lei le scoperte di giovane studente di filosofia, mi illudevo di allungarle la vita, facevo finta che quel che i medici avevano già sentenziato non fosse vero. Mi ricordavo di lei, ieri, mentre il respiro di mio papà saliva progressivamente, si faceva più frequente e flebile. Mi ricordavo di tante cose, di tante occasioni mancate, di come tanti silenzi tra me e lui si sarebbero potuti riempire con un passo indietro o un passo in avanti, con meno orgoglio, usando la pazienza della com-passione. "Se avessi...", "Se sapessi...", "Se solo...". La morte rovescia i nostri punti di vista abituali. Restituisce alle cose il loro posto. Come il Witz dei romantici ti fa sorridere delle minuzie della nostra finitezza. Ieri ho percepito fortemente questa funzione di ristrutturazione del mio campo di esperienza: un senso di riequilibrio, tessere che vanno a posto, cose che adesso comprendi. Questo non toglie la sofferenza, il rimpianto, ma certo contribuisce a rasserenare, a crescere proprio attraverso il negativo che sei costretto a elaborare.
Le carezze dei media - Per tutta la giornata una trama di SMS e di mail si sono organizzate come in una drammaturgia perfettamente concertata.
Nella forma, dal punto di vista fàtico, il loro effetto è stato di grande calore. Che strano eh, la fredda comunicazione digitale che per chi non la conosce dovrebbe allontanare, invece avvicina! Calore, affetto, voglia di essere vicini: il tutto in punta di piedi, con la consapevolezza di non invadere troppo l'intimità dell'altro e di poter vincere il proprio imbarazzo nel farsi presenti. I tuoi amici ti si stringono attorno, ti dicono: "Ci sono!". E allora un SMS svela la sua vera funzione: è una carezza. Il medium è proprio il massaggio, come il vecchio MacLuhan scriveva.
Nella sostanza quella comunicazione si può leggere come un testo unico, pieno di saggezza, di spunti, di riflessioni: un aiuto a capire, a fare i conti con te stesso, a elaborare. Tra le tante, tutte profonde e per me credente motivo di preghiera e di pensare che attraverso di esse un'Altra Comunicazione ti voglia raggiungere, quella di Gianfranco. Ieri, al mio SMS in cui gli annunciavo la morte di papà, scrivendogli: "E' morto papà. Uomo complicato e tra noi una relazione complicata. Ma la morte poi ti riconcilia anche se ti lascia a struggerti con i se e con i ma", mi rispondeva: "...il rimpianto per quanto non è stato e sarebbe potuto essere è compagno dell'amore". Ho capito.
In chat con Chris - Rientrato a casa ieri sera, mentre sul divano rispondevo alle mail, mia nipote Christina, otto anni, mi cerca in chat su Google +. Mia sorella con le mie tre nipotine vive nel New Mexico: mio cognato, che è anche uno dei miei più brillanti exallievi di liceo, è un fisico e dopo il suo PhD alla Penn State University non è più rientrato in Italia. Come si dice, un cervello in fuga. Avevo raggiunto mia sorella lasciandole un messaggio privato in
Facebook prima della sua quotidiana telefonata, così da prepararla. Ieri sera Chris mi cerca in chat.
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.Christina : Ciao zio. I'm sorry my mom cried did you?
io: Chris, as you probably know, Grandfather died this morning.Your mom loved him a lot. She is crying
Christina: yea my mom cried a lot. I am sorry
io: because she is not able to come to Italy for giving him her last bye bye
Christina: yea no more planes
io: But it's sure
Christina: yea I got to go
io: that Grandfather nowadays is in the heavens with Lord
Christina: yea I am sure
io: Do you know what
Christina: what
io: you can do for him?
Christina: what
io: A little prayer before going to bed. That's OK?
Christina: O I did
io: Very nice my little dear
Christina: o thank you
io: Now Grandfather is watching you. He takes care of his little Chris.
Nella chat è poi subentrata mia sorella e credo che proprio in questa chat si sia riusciti a parlare di quello che veramente ci tocca nel profondo più di quanto non avessimo mai fatto prima. Nella chat di ieri sera, con l'Oceano e il Texas di mezzo, io ero seduto sul divano con Christina e con mia sorella. Non so se questo è famiglia digitale: so che mi sono ritrovato a fare catechesi alla mia nipotina e a elaborare con mia sorella qualcosa che appartiene al tessuto profondo dei nostri rapporti e della vita della nostra famiglia fin da quando eravamo piccoli. Carezze, carezze digitali anche queste.
L'affetto corre sul filo - Fratel Fausto è il rettore del Convento di San Domenico a Bologna. Ieri sera dovevo essere lì a ragionare dei registri comunicativi della comunicazione pastorale. Ci eravamo sentiti prima di ieri solo via mail per prendere accordi. Lo stesso era successo con don Pietro Guzzetti, parroco a Desio: questa sera dovevo essere nella sua comunità a ragionare con i genitori dei rischi e delle potenzialità della rete in relazione all'affettività degli adolescenti. Con entrambi sono intercorse telefonate profondamente consolatorie che mi hanno fatto presenti due uomini di Chiesa che di persona ancora non ho avuto il piacere di conoscere: due uomini capaci di farmi sentire un senso di comunità e di appartenenza. Il mio impegno è di essere a Bologna e a Desio quanto prima: li incontrerò come amici, anche solo dopo una telefonata. E il telefono mi ha consegnato altri momenti di intimità e riflessione: Simona, subito ieri mattina, Pasquale, l'amico di sempre ieri in serata, Enrica, proprio mentre sto finendo di scrivere questo post, molti altri... Tutti hanno avuto una parola, un cenno, un silenzio. Siamo veramente degli esseri plug-and-play, come dice Gee: senza gli altri valiamo poco, non andiamo lontani. Ecco, credo che i media in relazione alla morte (come in relazione a tutti i grandi eventi della nostra vita) aiutino a comprendere questa cosa: solo se siamo un Noi, solo se non ragioniamo da soli ma insieme, possiamo avere futuro e speranza.
La morte, la vita - Mio papà amava le calle. Diceva che sono fiori eleganti e aveva ragione. Gliele abbiamo messe intorno. Amava anche le cravatte rosse. E con una cravatta rossa farà il suo ultimo viaggio. E adorava Les feuilles mortes, che spesso suonava lui stesso sul Seiler verticale della sala. Due versi di quella canzone stanno sugli avvisi funebri: Et la vie sépare ceux qui s'aiment. Tout doucement, sans faire de bruit. Dolcemente, senza far rumore, si è mossa anche l'anestesista che ci ha raggiunto a casa poco dopo la morte di papà: doveva venire a impostare lo schema per la sua terapia del dolore. Lo ha trovato morto. La mia sorpresa è stata che quella anestesista, tanto competente e tanto straordinariamente sensibile e umana nel rapporto con i parenti, era Silvia, una mia exallieva di liceo. Ci siamo abbracciati. L'ultimo regalo di mio papà: la possibilità di provare l'orgoglio di aver contribuito a formare persone così.