Saturday, August 10, 2013

Semiotica della GMG


Giovedì scorso sarei dovuto intervenire nella trasmissione di TV 2000 dedicata agli effetti delle GMG. Non potendo presentarmi in studio ho registrato una ventina di minuti di intervista che poi non è stata montata e quindi non è stata utilizzata per la trasmissione. Il tema dell'intervista era la "semiotica della GMG", ovvero la possibilità di leggere l'evento dal punto di vista comunicativo in ragione di comprenderne meglio i meccanismi e gli impatti sulle persone. Riporto di seguito una sintesi di quanto avevo risposto alla giornalista.

1. Media Event
Comunicativamente parlando la GMG è un media event. Di questa categoria di eventi (studiati da Dayan e Katz in un libro - Le grandi cerimonie dei media - divenuto un classico) condivide i tre aspetti qualificanti:
- sintatticamente: la GMG rompe la quotidianità del palinsesto televisivo e anche di quello sociale delle persone. Viene vissuta come tempo forte, in decisa discontinuità con le nostre occupazioni ordinarie;
- semanticamente: questa rottura serve a sovradeterminare di significato quel che viene comunicato. L'attenzione di chi partecipa (sul posto come a casa) viene richiamata e mantenuta in virtù di qualcosa che tutto concorre a sancire come eccezionale;
- pragmaticamente: i media event, come tutti i fenomeni rituali,  implicano la trasformazione di chi vi partecipa. Non si vive un'esperienza simile senza tornarne trasformati. La trasformazione dei partecipanti, dunque, è l'intento dichiarato di chi pastoralmente e comunicativamente allestisce l'evento.
Quest'ultimo, a ben vedere, è anche il vero problema che la coscienza del credente si pone: partecipare cambia veramente tutto? Si torna realmente trasformati? E' tutto solo emozione del momento forte che viene vissuto e poi tutto torna come prima o qualcosa di diverso di registra? [Sulla questione si può vedere la bella riflessione di Enzo Bianchi sulla Stampa del 28 luglio scorso].

2. Una situazione religiosa
Il linguaggio e le forme comunicative della GMG assomigliano moltissimo a quelli dei grandi raduni giovanili, come i concerti rock. Anche il funzionamento è lo stesso e si costruisce sul fatto che il tempo dell'evento è un tempo sospeso che, da una parte, comporta la rottura con il tempo ordinario, dall'altra chiede a evento finito il rientro nel tempo ordinario stesso. Questa sequenza di uscita-partecipazione-rientro è tipica dei riti di passaggio: in essi si abbandona il proprio stato, per rimanere durante il rito in una fase di soglia (limen), e poi riaggregarsi al corpo sociale alla fine del rito. Il funzionamento della GMG e degli altri raduni giovanili, da questo punto di vista, è analogo, con una differenza. Come Victor Turner ha fatto notare, eventi rituali "forti" come quelli religiosi hanno una struttura "liminale"; eventi rituali in senso più debole (come il carnevale o altre manifestazioni sociali o spettacolari) hanno invece una struttura "liminoide". Il suffisso "oid" dice di una somiglianza ma anche di una differenza. Ecco: potremmo dire che la GMG è liminale, gli altri raduni giovanili liminoidi.

3. Le aspettative dei giovani
I giovani partiti per Rio (come, in fondo, quelli che come me negli anni '70 raggiungevano Taizé per partecipare ai riti della Settimana Santa presieduti da Roger Schutz) secondo me avevano, hanno due aspettative principali. La prima è un'aspettativa di comunione orizzontale: fare relazione con gli altri giovani, stare insieme, vivere un'esperienza comunitaria. La seconda è un'aspettativa di comunione verticale: l'incontro con gli altri e l'incontro con il Papa vengono vissuti come via per l'incontro con Dio. L'andare oltre la propria dimensione individuale, il trascendersi in direzione dell'altro (orizzontale) e/o dell'Altro (verticale), è esattamente il senso che l'antropologia riconosce alla parola "religione". I giovani di Rio sono stati lì per fare un'esperienza religiosa.

4. Le GMG: una lettura diacronica
Nella storia comunicativa delle GMG ci sono almeno due cesure. La prima risale alla GMG di Denver, 1993. Fu la prima, per così dire, a copertura televisiva integrale. La seconda va rintracciata nella GMG di Madrid 2011, la prima in cui il Social Network abbia affiancato (e forse comunicativamente superato) i media tradizionali main stream. Ma al di là di questi aspetti è indubbio che le GMG siano vissute dei periodi storici che tenevano sullo sfondo e anche dello stile comunicativo dei tre papi che a esse hanno dato vita.
Dayan e Katz distinguono, tra i media event, le conquiste dalle incoronazioni (le competizioni, in questo contesto, ci interessano meno). Per intenderci: la diretta del primo allunaggio fu un evento di conquista; la diretta della proclamazione del nuovo Papa da Piazza San Pietro un'incoronazione.
Ora, all'origine, la GMG, nata nel 1985 da un'intuizione di Papa Woitila, ha le caratteristiche di una conquista: va letta come uno degli strumenti di cui Giovanni Paolo II dispone per vivere il suo pontificato "itinerante", per portare il messaggio della Chiesa in contesti scelti di volta in volta con precise intenzioni simboliche (e politiche).
Con l'avanzare della malattia, fino a Toronto 2002, la GMG si trasforma progressivamente in un evento di incoronazione: l'incoronazione di un Papa divenuto icona, l'ostensione del suo corpo sofferente, la proclamazione della sua disponibilità al martirio. Un senso, questo dell'incoronazione, che si conserva anche durante il pontificato di Benedetto XVI, il Papa teologo che probabilmente non aveva nelle sue corde la stessa dimestichezza del predecessore con le drammaturgie oceaniche.
Con Papa Francesco la percezione è di avere assistito di nuovo a una GMG di conquista. Conquista dei giovani, conquista degli scettici, conquista dei laici, dei non credenti, dei credenti che forse sono diventati meno credenti di chi non crede. Una conquista che passa attraverso la credibilità di una Chiesa povera e missionaria, umana e accogliente. E che si esprime attraverso l'abbraccio sorridente di un Papa sudamericano che ha però l'andatura e la salda concretezza dei contadini delle Langhe.

1 comment:

Marco said...

Grazie per la bella analisi. Spiace non sia andata in onda, sarebbe stata utile per molti!


Aggiungo che, soprattutto in questo caso, molti giovani hanno vissuto gli eventi comunitari (cerimonia di apertura, via crucis, veglia, messa)fruendone i contenuti solamente attraverso i maxischermi, quindi come se l'avessero vista in qualsiasi parte del mondo attraverso immagini televisive.


La logistica dell'evento, ovvero la sua distribuzione in una lingua di terra lunga e stretta, la spiaggia di Copacabana, ha permesso solo a pochissimi di vedere l'evento reale e poi la sua amplificazione elettronica. A parte poche centinaia di giovani, tutti gli altri hanno vissuto gli eventi in prossimità geografica ravvicinata, ma senza contatto visivo diretto.

Si tratta di una partecipazione reale, ma mediata dall'elettronica: immagini e video non erano quelli dell'evento ma quelli che Rede Globo, la tv brasiliana concessionaria della diretta, proponeva di volta in volta...