Le parole ritrovate è il titolo di un libro che l'editrice La Scuola ha pubblicato di recente. Curato da Mario Bertini - un amico della famiglia Terzani, conosciuto tramite la comune frequentazione dell'opera di Madre Teresa a Calcutta - il libro contiene il testo di quattro conferenze inedite che Tiziano Terzani tenne a Firenze dopo l'11 settembre. In quelle conferenze, il grande giornalista incontra la politica (nel salone dei '500), i ragazzi nelle scuole e la gente (in piazza Santo Spirito). Il tema è la pace.
Ieri sera il libro è stato presentato a Brescia, alla presenza del figlio di Terzani, Folco. Poco prima della presentazione mi confessava che ormai non accetta più di parlare in pubblico del padre. Si è ritirato all'Orsigna, nella casa di famiglia che è stata il teatro dell'ultimo libro-intervista con il padre, La fine è il mio inizio. Raccolgo di seguito alcuni stralci della sua testimonianza.
Nulla di più lontano da mio padre di un uomo di pace. Era povero, ribelle, tostissimo. Al giornale i suoi capi avevano paura di lui. (...) A lui interessava il mondo, non il giornalismo. Gli interessava il creato, come interessa a tutti gli esseri umani che sono mossi dalla curiosità di conoscere la vita. (...) Girando il mondo si accorse che la guerra non era la soluzione. Questo e la malattia lo cambiarono in profondità. (...) Decise che era tempo di dire basta al giornalismo: era tempo di occuparsi di "perennialismo". E prese a occuparsi dell'anima. Mia mamma è stata bravissima a farlo andare: si nasce da soli, si muore da soli. (...) Quando ho letto le Lettere sulla guerra ho conosciuto un'altra persona. (...) Invece di fare la guerra - diceva - andate a capire gli altri, andate a parlarci! Questa era la sua idea del giornalismo: andare a sentire quello che gli altri avevano da dire per raccontarcelo (...) Madre Teresa insegnava attraverso la morte. Prima ti veniva da vomitare, poi cominciavi a vedere luce, gioia, amore. Sono arrivato a Calcutta con l'idea di starci una settimana, prima non mi arrivava niente: alla fine sono rimasto lì quasi un anno. Se vuoi capire la vita devi capire la morte. L'esperienza di tenere stretto un corpo che muore ti insegna che esiste l'anima.
Solo tre sottolineature.
1) L'interesse per il creato. Essere curiosi della vita, improntare a questo e a nient'altro la propria ricerca. Si tratta di un'indicazione di metodo interessante, a livello esistenziale e professionale. Vale per il giornalista, vale per l'insegnante, vale per chi "fa ricerca". Quanto c'è di curiosità per la vita nel nostro ricercare?
2) Capire gli altri. Terzani non si limita a sostenere il principio dell'"audiatur et altera pars": il problema non è di andare a sentire cos'hanno da dire gli altri per capire, magari, che le colpe sono di tutti. Il problema è un altro. E' quello incarnato da quelle che Marta Nussbaum chiama pensiero posizionale: guardare le cose dal punto di vista dell'altro è l'unico modo per capire veramente sia le cose che gli altri.
3) Insegnare attraverso la morte. Quando Terzani arriva a Calcutta, viene conquistato da quella donna minuta che non gli dice nulla ma si limita a invitarlo a seguirla. Chiama il figlio a Los Angeles: "Devi venire subito qui!". Folco lo raggiunge e rimane a sua volta stregato. Trovare il senso attraverso la cura degli ultimi. Capire la vita attraverso la morte. Comprendere che esiste l'anima tenendo stretto un corpo che muore.
Mentre Folco terminava di parlare pensavo a mia madre nel letto d'ospedale, pensavo a mio padre in agonia e alla serenità che mi dava tenergli la mano sul capo. Capire la vita attraverso la morte.
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