Venerdì e sabato scorsi sono stato ospite del Festival dell'Innovazione sostenibile di Forlì. L'invito è stato motivato dal mio libro Neurodidattica, nel quale lo scorso anno avevo raccolto il risultato delle mie letture e della mia ricerca in relazione al rapporto tra i processi didattici e di apprendimento e il contributo delle neuroscienze cognitive. Infatti la sezione del Festival nella quale sono stato chiamato a portare il mio contributo discuteva del rapporto tra apprendimento della matematica e neuroscienze.
1. Non mi sono occupato mai di didattica della matematica. Ma spesso ho usato la matematica per fare un esempio agli insegnanti in formazione di cosa significhi insegnare qualcosa in maniera decontestualizzata. O meglio. Sono le loro domande che mi hanno preceduto, subito dopo che magari avevo spiegato che un apprendimento per essere efficace e significativo dev'essere contestualizzato, non astratto: "Ma come si può rinunciare all'astrazione in matematica?". A questa domanda, qualcuno nel seminario forlivese, pare aver dato risposta a conferma, sostenendo che l'apprendimento della matematica è per forza innaturale: in fondo dell'astrazione non si potrebbe fare a meno! Eppure Enriques, la Castelnuovo, dei grandi matematici (e didatti della matematica) sembrano essere di avviso contrario. E le neuroscienze danno loro ragione. La nostra conoscenza è situata, muove sempre dal corpo, anche quando è astratta. Contestualizzare gli apprendimenti non significa necessariamente proiettarli su uno scenario real life: basta collocarli in situazione. La palla torna agli insegnanti di matematica!
2. Il "cervello matematico" non esiste. Nel senso che l'unica capacità matematica innata che abbiamo si riduce a un grappolo di neuroni localizzati nel solco intraparietale. Quei neuroni sono responsabili di quello che si chiama in termine tecnico "senso del numero". Esso consiste nella capacità che il bambino dimostra fin da piccolissimo (e che come specie condividiamo con altre specie) di distinguere piccoli numeri: l'1 dal 3, il 3 dal 5. Non è ancora un contare: è semplicemente capire che 1 è meno di 3. Evolutivamente è molto probabile che questa capacità si sia fissata per ragioni di sopravvivenza: se loro sono 3 e io sono 1 meglio scappare; 3 mele sono meglio di 1 se sono affamato.
3. I neuroni che si trovano nel solco intraparietale non sono gli unici a essere coinvolti nel calcolo e nel ragionamento matematico. Nel cosiddetto "modello del codice triplo" i neuroscienziati (come Stanislas Dehaene) dimostrano che insieme a quei neuroni se ne attivano di altri due tipi: quelli che presiedono al linguaggio verbale (nell'area di Broca, emisfero sinistro), quelli che popolano le aree delle visione in zona occipitale. Questo significa che la matematica (e il suo apprendimento) non è solo questione di "neuroni del numero" (sempre quelli del solco intraparietale che durante la vita vengono "riciclati", "insegnando" loro a svolgere nuovi compiti), ma anche di visione e di linguaggio. Se non si riescono a "vedere" le figure geometriche, o le soluzioni, è difficile sviluppare attitudine per la matematica. Lo stesso vale per il linguaggio: è dimostrato che molto di quel che non si capisce quando si fa matematica riguarda la comprensione linguistica. Insomma nelle relazioni tra questi tre "codici" (numerico, visivo, linguistico) si celano i misteri dell'apprendimento matematico. Chi ha "il pallino" dei numeri, in fondo, lo deve in qualche modo anche alla sua capacità di gestire i codici linguistico e visivo.
4. Il bambino dagli 0 ai 10 anni, quando lavora sulle grandezze matematiche, lo fa impegnando la zona frontale e prefrontale del cervello. Questo significa che l'attenzione, la concentrazione, la riflessione giocano un ruolo fondamentale. Poi, man mano si cresce, si apprendono routines di soluzione, si memorizzano informazioni, e allora buona parte dell'attività di problem solving si sposta in zona parietale posteriore. In questo modo si lasciano liberi i lobi frontali di fare il lavoro di maggiore qualità. Cosa suggerisce questo, in termini didattici? Almeno un paio di cose. Anzitutto che il ruolo della memoria (ad esempio, le tabelline) è fondamentale, così come l'apprendimento di regole di soluzione, piccole routines. In secondo luogo che il ruolo dell'insegnante è fondamentale, forse ancor più che nel caso delle altre discipline.
6 comments:
Caro Prof. Rivoltella, ero seduto dietro di lei sabato mattina all'evento di s-legami in cui lei era relatore. Mi farebbe piacere entrare in contatto con lei perché sto lavorando con altri (tra cui il Politecnico di Milano e altre accademie) su un "thinking lab"centrato su nuovi approcci tecnologici al pensiero collettivo e ai linguaggi da esso emergenti.
La mia e-mail è paolo.zanenga@twgconsulting.org.
La ringrazio per l'attenzione.
Paolo Zanenga
Gentile Prof. Rivoltella,
grazie per questo post e per questo argomento! Sono un'insegnante di scuola primaria, mi sono sempre dedicata all'ambito linguistico-antropologico e di tecnologie a supporto della didattica. Due anni fa, a conclusione di un corso di laurea magistrale in e-learning e media education ho seguito un progetto di "Matematica e digitalstorytelling", perchè secondo il mio relatore la sfida del dst si giocava meglio con una disciplina, apparentemente lontana da questi linguaggi.
Bene, leggendo la sua condivisione, non posso che trovare, amplificate e meglio documentate, le mie modeste riflessioni di allora: la mente a più dimensioni è una realtà, linguaggio scientifico e linguaggio narrativo non sono antitetici ma complementari, l'apprendimento della matematica trova giovamento dalla narrazione verbale e visiva che permette di situare l'apprendimento e di connotarlo emotivamente...quindi di trasformarlo in significativo...
http://www.slideshare.net/francescaframes/matematica-e-digitalstorytelling-11045849
Mi scuso per aver occupato tanto spazio e la ringrazio per quanto sempre condivide!
Francesca
Gentile Francesca,
la sua esperienza su Matematica&DST è inserita nella recentissima pubblicazione del prof. Rivoltella "Fare didattica con gli EAS" (p. 196).
Un caro saluto,
Serena
Cara Serena,
sono gratificata da questa notizia!
Grazie dell'informazione...
france
Caro Cesare, alcuni tirocinanti TFA che seguono il mio corso "Neuroscienze, processi cognitivi e didattica della matematica" (Università di Roma Tor Vergata) mi hanno segnalato questo tuo post, chiedendomi spiegazioni dell'apparente tuo dissenso con me . A Forlì quel "qualcuno" che ha sostenuto l'innaturalità della matematica ero io, ma non capisco (non capiamo) cosa abbia a che fare l'innaturalità con la necessità di astrazione. Sul tema dell'astrazione ho scritto un articolo: Concretamente astratto anzi simulabile, La Matematica nella Società e nella Cultura, Rivista della Unione Matematica Italiana, Serie I, Vol.2., Aprile 2009 che dovrebbe chiarire bene la questione. Un caro saluto
laura catastini
Cara Laura, volevo solo "usare" la tua bella relazione per provocare il dibattito da parte degli insegnanti. Tutti qui. Nessun dissenso! Mi spiace solo rispondere al tuo commento in estremo ritardo. Spero di rivederti presto. Pier Cesare
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