Oggi, in un dicembre terribile che mi ha già portato via tanti troppi affetti, si è spenta Teresa Magnaterra. Teresa era un'insegnante di lettere meravigliosa, come ce ne vorrebbero tante. Laureata in filosofia, aveva un dottorato di ricerca preso con Pier Giuseppe Rossi all'Università di Macerata. Era un'intellettuale, Teresa, anche se viveva questa sua sporgenza culturale in punta di piedi, senza disturbare, come le era proprio.
Ci eravamo ritrovati grazie a Pier Giuseppe. Dico che ci eravamo ritrovati perché poi ricostruimmo che ai giardinetti di Filottrano, dietro casa mia, la bambina che giocava con me, era lei. Ce ne accorgemmo ricordandoci dei nostri nonni, sulla panchina a guardarci giocare. "Allora eri tu...". "Anche tu... eri tu...". Io abitavo nelle Marche, in questa bella cittadina della provincia di Ancona, adagiata su una fuga di colline, dove lasciai il cuore quando i miei decisero di lasciare la Orland per tornare a Milano. Profumo di incenso, a cespugli, e un crepitio di lucciole nelle notti d'estate. Il tempo bello dell'infanzia, in un mondo, quello di quella fine anni '60, che lì, nella provincia marchigiana, sembrava proteggere noi e i nostri anni felici. Molti anni dopo Teresa, insieme ai miei compagni di scuola elementare, fu l'anima della proposta che mi portò a ricevere la cittadinanza onoraria filottranese. Una cittadinanza che devo a lei e di cui vado fiero, oltre un secolo dopo un altro bergamasco, ben più grande di me, Giacomo Costantino Beltrami che, dopo aver scoperto le sorgenti del Mississipi, proprio a Filottrano muore nel 1855. Era il 25 gennaio del 2016: nella foto sono con Teresa e con il Sindaco di allora.
Teresa non perdeva uno solo dei miei compleanni. Un appuntamento fisso. Il 25 gennaio del 2019, al mio grazie per i suoi puntualissimi auguri, rispondeva: «Pier Cesare grazie dei tuoi pensieri! Mi fanno bene. Io resisto! Sto facendo la chemio, ma la sopporto contro ogni aspettativa anche dei medici. Riesco anche ad andare a scuola e il contatto con i ragazzi, da sempre, mi dà forza e gioia». Teresa era proprio così: un'entusiasta della scuola, una donna che nell'insegnamento aveva trovato il suo spazio per la testimonianza e per il lavoro militante, senza risparmiarsi. Le dissi che avevo voglia di vederla e che le mandavo un abbraccio: «Ricambio di cuore il tuo abbraccio. Io sono qui al paesello anche tuo. Quando passi da queste parti, fatti sentire». Arrivò il COVID e non riuscii a passare... Nel maggio del 2020 ci saremmo dovuti rivedere a Filottrano, in un evento organizzato proprio da Teresa sul significato della lettura. Saltò tutto. E poi alla fine di dicembre arrivò il mio ricovero in ospedale: la rianimazione, lo stent nella coronaria, l'inizio della vita da cardiopatico. Lei il 4 gennaio del 2020 mi scrive: «Carissimo Pier Cesare, ho letto ora il tuo racconto del Capodanno molto particolare che hai appena trascorso. "Il mio sguardo sulle cose non sarà più lo stesso". Scrivi così. Ne so qualcosa. Per me la malattia è stata uno squarcio nella tenda sicura dei mille problemi e delle quisquilie quotidiane. La luce che è penetrata mi ha fatto vedere in modo diverso, mi ha dato una prova tangibile di ciò che conta. So che anche per te è così. Se c'è qualcosa che posso fare per te, basta un cenno. Ti auguro di avere tanto tempo per usare parole come sai fare tu: sono intense, semplici e intrise di emozioni. Spero di sentirti presto. Un abbraccio grande. Teresa». Lei sapeva ciò che conta, lo aveva imparato e te lo faceva capire con saggezza. Il 25 gennaio dello scorso anno i suoi auguri mi vedono replicare che gli anni «sono ormai tanti...». E Teresa: «Sono tutti quelli che servono a contenere la ricchezza delle esperienze vissute, la bellezza incontrata, la gioia e la sofferenza mischiate, col tempo, in un'unica autentica soluzione... sono gli anni giusti! Un abbraccio». L'ultimo messaggio è del gennaio scorso, sempre in occasione del mio compleanno: «Buongiorno Pier Cesare. Buon compleanno! Ti auguro una giornata intensa e bella perché nonostante tutto ciò che di difficile, doloroso e faticoso possiamo vivere e stiamo vivendo, la vita è un dono meraviglioso! Auguri!».
Questa era Teresa. Una donna splendida, una testimone meravigliosa, luce per chiunque la incontrasse. La piango, oggi, anche se lei non vorrebbe. Ciao Teresa, la terra ti sia lieve.
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