Wednesday, July 15, 2009

Autonomia

A Valgrisenche, presso il Vieux Quartier, si è svolto il terzo seminario del ciclo "Media, storia, cittadinanza" organizzato dal CREMIT in collaborazione con l'Istituto Storico della Resistenza di Torino. Il seminario verteva su due parole-chiave: autonomia e narrazione. Faccio alcune sottolineature sul primo dei due termini.
Tre mi sembrano le questioni da mettere in agenda al riguardo, da organizzare attorno a tre coppie di termini:
- sfera pubblica/sfera privata;
- apprendimento insegnanto/non insegnato;
- autonomia/eteronomia.

1. Più che di erosione della sfera pubblica in funzione di un processo di chiusra nel privato (con quel che ne consegue a livello di passaggio dalla civitas al civis), preferirei piuttosto parlare - guardando alla società attuale - di un'esplosione della seconda nella prima. Noi viviamo in una società estroflessa che:
- ha ridefinito il confine tra pubblico e privato (spostandolo sempre più c0sì da riconfigurare come pubblici molti momenti ed eventi tradizionalmente ritenuti privati);
- ha promosso forme di partecipazione perifierica e a bassa definizione (come nel Social Network);
- sviluppa forme di partecipazione inibita nella meta, non trasformativa, basata sulla discorsivizzazione.
I media - soprattutto i social media - hanno a che fare con tutte queste forme.

2. La tesi del carattere autoalfabetizzante dei media pare essere confermata dalla diffusione dei media digitali e del Web 2.0. Non c'è bisogno di insegnare ai bambini ad usarli: li sanno già usare meglio degli adulti. Ma nascono a questo riguardo alcune domande:
- saper fare da soli significa aver appreso?
- imparano proprio da soli o non dipendono in ogni caso dalla socializzazione orizzontale (i pari) o dai contesti culturali entro i quali sono inseriti?
- quel che possiedono sono skill o competenze? Sono abilità operative o riflessive?
Il problema vero è che le agenzie educative pretendono di insegnare quel che i più giovani già posseggono: skill, abilità operative.

3. Viviamo in una società contraddittoria che da una parte delega all'individuo (come dimostrano il Welfare delle libertà, la logica dell'accreditamento, la voucherizzazione), dall'altra erige a primo problema la legalità, la normazione, la regolamentazione.
Il dispositivo può essere letto come sintomo di una incapacità ad educare le coscienze: lascio fare, delego e mi preoccupo solo della sanzione. Così il meccanismo va in stallo, non c'è spazio per la crescita individuale.
Ma allora come si educa l'autonomia? Serve la testimonianza. Come osservava Kant nella seconda Critica, se mi imbatto in un potente, il mio capo si china ma il mio spirito no; di fronte invece al mendicante può essere che il mio capo non si chini, ma il mio spirito sì.
Questo sposta il problema dell'autonomia dei nativi digitali sulla generazione adulta:
- per insegnare l'autonomia gli adulti devono saperla testimoniare;
- questa testiomonianza conferisce loro autorità, un'autorità "democratica" che consente all'adulto di essere significativo senza negare lo spazio di libertà dei più giovani.

Saturday, July 4, 2009

Fenomeno Facebook


Venerdì scorso mi sono trovato in una conferenza pubblica (a Gignese, sul Lago Maggiore) a riflettere sul fenomeno Facebook. L'occasione è stata utile per fare ordine all'interno di una serie di appunti, impressioni, idee che sulla questione avevo già fissato (e parzialmente pubblicato in un contributo su "Vita e Pensiero", 2009, n. 1) e sto organizzando in vista di un articolo di taglio antropologico che una rivista di Teologia mi ha chiesto di scrivere per un numero monografico sul tema della persona.


Organizzo la mia riflessione attorno a quattro domande-chiave:
1) cosa è Facebook?
2) dove, quando e perché nasce?
3) quali funzioni svolge?
4) a che rischi eventuali espone l'utente?

1) Cosa è Facebook? Si può rispondere a tre livelli.
Sul piano tecnologico, Facebook è un applicativo del Web 2.0, per la precisione un Social Software. Due precisazioni sono d'obbligo. Quando si parla di Web 2.0 si fa riferimento alla "seconda generazione" del Web, caratterizzata dal concetto-chiave che la piattaforma non è più il software, ma il Web (come ben evidenzia il "mondo Google" con tutti i suoi servizi). Dentro il Web 2.0, il Social Software rappresenta una generazione di applicativi la cui funzione è di rendere possibile la condivisione di contenuti digitali (testi, immagini, video), i propri commenti ad essi, la categorizzazione degli stessi (tagging).
Sul piano materiale, invece, Facebook è un album, un portfolio che consente di raccogliere e condividere immagini, filmati, note di testo, messaggi, con altri utenti della Rete.
Infine, sul piano sociale, Facebook è un sistema per ripristinare, attivare e mantenere contatti con altre persone, confermando l'ipotesi della Teoria dei sei gradi separazione (ha anche un gruppo in FB attraverso il quale si può partecipare all'esperimento). Tra le madeleines più straordinarie e commoventi che mi sono capitate a questo riguardo negli ultimi messi: il mio amico Lorenzo, più visto dopo la prima elementare e ritrovato in FB 40 anni dopo; la mia amica Giselda, oggi in Nuova Zelanda, anche lei ritrovata in FB dopo almeno 20 anni.

2) Dove, quando e perché nasce?
FB nasce nel 2004, all'Università di Harvard, ad opera di uno studente allora diciannovenne, Mark Zuckerberg, con due funzioni:
- consentire alle matricole di orientarsi nel campus;
- favorire il ricongiungimento degli alumni dopo gli anni dell'Università.
Questa duplice vocazione rimane intatta anche oggi che FB è il social network più diffuso al mondo, con duecento milioni di utenti nel mondo (dato di aprile 2009):
- la funzione di orientamento negli usi friendship driven, favorendo la (ri)costituzione di reti amicali, disegnando mappe di appartenenza geografica (come nel gruppo "Italiani"), autoironicamente etnica ("Noter de Berghem"), di genere ("Amici del Milk"), ecc.;
- la funzione di gestione dei contatti negli usi interest driven, aggregando comunità di interesse e guidando l'ingegneria sociale attraverso la capitalizzazione dei contatti con le persone (anche se su questo aspetto specifico altri social software svolgono meglio la funzione, come Linkedin).

3) Quali funzioni svolge?
Mi pare di poterne indicare almeno tre.
FB svolge anzitutto una funzione antropologica. Infatti costituisce per giovani e meno giovani un momento di effettiva costruzione del Sé, attraverso:
- la possibilità che offre all'utente di fornire una propria autorappresentazione (le famose "fotine" di FB);
- l'opportunità che fornisce di autonarrarsi (mediante le informazioni su gusti, tendenze, scelte e quant'altro che si possono inserire nel profilo);
- le narrazioni condivise con gli altri (dai messaggi in bacheca, alle chat che si possono intrattenere con gli utenti che sono connessi mentre anche noi lo siamo, le proprie "note", un vero e proprio blog interno).
In tutti questi casi l'elemento che spicca è l'estroflessione del processo di costruzione del Sé, un processo che riguardava in passato solo l'interiorità del soggetto e che oggi passa in maniera sempre più decisa dallo spazio pubblico.
FB svolge anche una funzione sociale. Mi sembra che lo faccia sottolineando il valore della relazione per la relazione. Anche in questo caso si possono portare diversi esempi a supporto:
- la comunicazione fàtica (ben rappresentata dalla funzione che consente di mandare un "poke" a un amico o di rispondere a un suo "poke");
- la comunicazione non finalizzata (come quando veniamo taggati in qualche fotografia);
- la cross-comunicazione (resa possibile dalle notifiche di eventi che, proprio perché visualizzabili sulla propria home page, vengono estesi anche al proprio social network);
- la comunicazione ludica (a base di giochi, quiz, ecc.);
- la comunicazione inclusiva (tipica degli inviti a gruppi o ancora una volta ad eventi).
L'elemento rilevante mi pare sia a questo livello la confusione dei retroscena che FB produce. Il retroscena, nella sociologia della performance di Goffman, è lo spazio che l'individuo condivide solo con chi vuole e al quale riserva il proprio "volto privato". Nel retroscena si dismettono le maschere ufficiali, i ruoli formali, ci si sente più liberi. E' quello che succede in FB, dove però il retroscena è... pubblico. Occorre terlo presente.
Terza e ultima funzione di FB: la funzione politica. A questo livello si può dire che FB costituisca un potentissimo strumento di convocazione, ovvero di pressione istituzionale. Lo fa attraverso:
- la circolazione delle opinioni nello spazio pubblico (come quando scrivo delle note, o ricorro alla funzione di blog embedding che mi consente di importare - come nel mio caso - il mio blog in FB);
- l'organizzazione del consenso e il movimento di pressione sull'opinione pubblica (come quando si aprono gruppi o si avviano petizioni);
- il raccordo e la mobilitazione degli individui e dei gruppi (soprattutto attraverso gli eventi, come il recente caso Iran ha confermato).

4) Quali rischi comporta?
Un ultimo accenno ai rischi di FB, che mi sembra siano un po' gli stessi degli altri applicativi del Social Network. Indico i due principali:
- la perdita del controllo sui propri dati personali. Non è solo un problema tecnico (i dati rimangono sui server anche dopo l'eventuale cancellazione del mio account), ma anche sociale: infatti anche se i miei dati non li colloco io in FB, lo potrebbe fare uno qualsiasi dei miei amici, come quando vengo taggato in fotografie che io magari mai avrei pubblicato;
- il fattore-tempo. Con i nuovi media c'è un problema di manutenzione e un problema di saturazione. Di manutenzione: aggiornare i nostri profili nel Web 2.0 occupa tempo, che si aggiunge al tempo necessario per rispondere alle mail. C'è un problema di sostenibilità. Di saturazione: i nuovi media, sempre disponibili, assorbono anche i nostri non-tempi, quei tempi in cui non facevamo nulla, restavamo in silenzio. Si tratta di una questione molto rilevante soprattutto per le giovani generazioni (come attesta un bel libro di Giuseppe Ardrizzo cui ho avuto il piacere di partecipare).