Friday, May 23, 2008

Education and Digital Communication


On May 22 I was in Rome, invited by the Pontifical Council for Social Communications for the opening session of a Congress where scholars of communication are discussing about their educative aims in the Information Society.
Farrell Corcoran, professor at the University of Dublin, introduced the session, giving an overview about the main characters of the actual change in communication: spread of the Internet, convergence of TV and Internet, new behaviours of consumption (less newspapers, development of Social Networking), deregulation of the media at the local level, horizontal and vertical integration of the media companies (Disney, Viacom, AOL-Warner, Newscorporation), a new ideology thinking the role of the media far from the traditional idea of their service value.

In this context two main issues are very important.

The first one is the role of the agenda power of the media, their possibility to set the themes whose it seems important to talk about in the society. As Corcoran said, this power must be studied thinking about the relationship among three agendas: the agenda of the media (the issues they set), the agenda of the public opinion (the issues we consider important), and the agenda of the policy-makers (what the institutions decide to do according to their priorities).

The second issue is the importance of the frame according to which we decide to study the media and their social presence. In the case of digital communication, the frame probably is related with the function of time and space. I talked about this in my speech trying to switch from the landscape of communication to the challenges it is posing to Education. Only four highlights about this challenges.

1) Identity. The process of its social construction is changing. We are in front of new forms of horizontalization of human relations; people needs to rest in touch; they want to be visible and recognized; they don’t pretend to be granted in their privacy, but in their rights to be present in the public space.

2) Teaching. Research about the relationship between teen-agers and the media is showing that they need a vertical relation with adult. They need the adult help them to make sense of the media. The problem is that adults seem to be unprepared to accept this challenge.

3) Appropriation. One of the most important issues of the actual debate about media and communication is the relationship between local and global culture. In this case probably we cannot do anything for modifying production and circulation of media messages. But we can work about the processes of appropriation of these messages by the people: communication can be globalized, but this appropriation by individuals is always local.

4) Media and Education. Here we find the main mission of the adult society and of communication faculties. To empower appropriation processes of the media means to provide a cultural mediation of the meanings. This is according to me one of the main roles of a media professional nowadays: to be able to be a cultural mediator. This is not only a communicative aim but also an educative one.

Monday, May 19, 2008

Formazione é comunicazione

Un clipper della Compagnia delle Indie. La sensazione è di esserci sopra. Non fosse perché i ragazzoni olandesi che ci accompagnano mostrandoci come cazzare le rande, tirare le funi, leggere la direzione dei venti non sono vestiti come i loro antenati di quattro secoli fa, si crederebbe proprio di vivere quell'atmosfera. L'istantanea (come le altre della galleria) è stata colta durante la giornata che Randstad ha organizzato per un centinaio tra dipendenti e partner: io, Franco, Simona, Mino e Laura rientravamo in quest'ultima categoria. Infatti con questa multinazionale olandese che dal lavoro interinale sempre più si sta spostando verso la formazione e le risorse umane, abbiamo realizzato in Università Cattolica un Corso di Alta Formazione su Competenze professionali e organizzazioni internazionali.
La giornata ci incuriosiva. E le aspettative non sono andate deluse. Si è trattato di una divertente occasione di osservazione etnografica rispetto al mondo della formazione aziendale. Diversi gli elementi di interesse. La formula, anzitutto, costruita su un mix tra l'outdoor (abbiamo "tirato su" le vele... che fatica!), il marketing e il brand-building. Per i dipendenti essere a bordo insieme, con il loro AD, fa squadra e costruisce l'orgoglio di appartenenza. Per i partner si tratta di un'occasione diversa per conoscere il mondo di questa azienda. Non solo. Passare la giornata nello spazio di un veliero (per quanto lungo 76 metri) implica che la possibilità della socializzazione si presenti inevitabile. A incrementarla ci hanno pensato le manovre insieme all'equipaggio e una caccia al colpevole organizzata da Delitti & delitti, una società specializzata nella costruzione di eventi partecipativi allestiti attorno a trame da romanzo giallo. Io e Franco Brambilla, responsabile della nostra Formazione Permanente in Cattolica, siamo stati coinvolti come attori. Lui era Svensson, io Holmgren: due contrabbandieri. Lui metodico, un contrabbandiere che "timbra il cartellino"; io sognatore, un contrabbandiere che vuole fare l'ultimo carico e poi mollare tutto per aprire un bar nel Nord-est del Brasile. Ci siamo imbattuti in due cadaveri in una barca...
Bilancio e riflessioni? Abbiamo conosciuto persone, abbiamo imparato cose, il tutto avendo come quinta la riviera di Levante, con i suoi intonaci pastello, le sue insenature, l'entroterra più su, come un terrazzo... Formazione e comunicazione (dell'azienda in questo caso). Il tutto con garbo, equilibrio, stile. Credo che la prossima attività di formazione che metteremo in cantiere con Randstad, la... metteremo in cantiere veramente! Nel senso che cercheremo in tutti i modi di tornare a bordo!
Intanto il clipper fa vela verso Montecarlo e da lì prosegue verso Ibiza, oltre Gibilterra, solcando l'Atlantico alla volta del Nuovo Mondo... Mentre scendiamo l'ultimo pensiero è proprio per la traversata dell'Atlantico: conveniamo che a bordo di un clipper olandese sarebbe veramente una bella avventura!

Friday, May 9, 2008

Ricerca e media Education, tra Italia e Brasile


Sono da poco rientrato in Italia dal mio ultimo viaggio in Brasile. Si tratta ormai di una seconda patria per me: lì ho scoperto - come dicono i miei amici di Rio - di "ter uma alma Carioca". Lo capisco ogni volta, quando torno a Ipanema, il "mio quartiere" perché lì di solito abito nei miei soggiorni sotto il Redentor: la feira hyppie di Praza General Osorio; il lungo-mare, stretto tra la spiaggia di Leblon che arriva giù giù, fino al Morro do Vidigal (una delle favelas più grandi di Rio, che comincia proprio di fronte all'Hotel Sheraton, secondo la logica del contrappunto che ritma lo spazio della Cidade Maravihlosa) e il promontorio dell'Arpoador... Puoi aspettare lì il sorgere del sole. Ti senti su una nave, sospesa tra Ipanema e Copacabana. Lo sguardo scivola fino al Pão de açucar, fino a Praia Vermelha, lì dove i primi coloni sbarcarono la prima volta, lì dove la città è nata... Ma questa volta sono sceso più a sud, ancora più a sud di Florianopolis, nello Stato di Santa Catarina, dove ho già insegnato come professor visitante alla Universidade Federal, la UFSC... Sono arrivato a Porto Alegre, la capitale del Rio Grande do Sul. E' la città di Mario Quintana, una città "europea", ancora Brasile ma quasi Argentina. Una città orgogliosa, l'orgoglio dei gauchos: identità forte, nel passato qualche tentazione autonomista... Vi sono arrivato per il convegno nazionale dell'ENDIPE, l'associazione brasiliana che raccoglie insegnanti e ricercatori che si occupano di didattica. Nel convegno abbiamo animato una sala de conversa insieme: io, Monica Fantin e Gilka Girardello, tutte e due professoresse della UFSC. Sono amiche, più che colleghe. Monica è figlia di emigranti veneti, sono stato il suo co-tutor nel dottorato: la vita dei genitori meriterebbe un film. Gilka è gaucha e abita in una casa bellissima nel cuore del mato, sulla Lagoa da Conceição, a Florianopolis. Il suocero, ebreo newyorkese, la prima volta che ha fatto visita al figlio ha commentato riferendosi alla casa: "I thought it was country, but I really find it primitive!". La nostra sala de conversa era sulla Media Education. Prendeva spunto da una proposta - la Carta di Florianopolis - che avevamo redatto lo scorso anno. Tutto verte sulla possibilità di attivare reti di ricercatori in Brasile sul tema del rapporto media-educazione con due sfide principali cui rispondere: la formazione degli insegnanti e il curricolo. Ne hanno discusso con noi molti leader della mìdia-educaçao brasiliana, tra i tanti Nelson Pretto, della Federal de Bahia che ha rilanciato indicando quattro priorità: 1) la necessità di superare l'attuale schizofrenia tra i media digitali e gli "altri" media; 2) il futuro della TV digitale; 3) la scommessa del software libero; 4) l'opportunità delle licenze creative. Proprio su quest'ultimo punto la fantasia brasiliana e il jeito de viver di questo magnifico popolo hanno partorito una straordinaria "pensata", traducendo l'inglese Creative Commons con "Criei teve como", "L'ho fatto, ho trovato il modo".