Tra l'8 e il 10 settembre si è svolto presso il Centro Congressi di Milano Fiori, il seminario nazionale di avvio del progetto Cl@ssi 2.0 del MIUR per le regioni del Nord (analoghi seminari si sono tenuti nella stessa settimana a Montecatini e a Palermo per le altre regioni).
Nel contesto del seminario, reagendo alla relazione-quadro di Giovanni Biondi, Capo-Dipartimento dell'Innovazione, ho ragionato attorno al concetto di Didattica 2.0 attraverso 4 descrittori.
1. Oltre la contrapposizione di teoria e pratica
Una didattica 2.0 si colloca oltre l'ingenua supposizione che la pratica sia solo l'applicazione della teoria. Al contrario, essa pensa la pratica proprio come luogo privilegiato della concettualizzazione. Si tratta di temi cari alla ricerca didattica: richiamano l'idea dell'apprendistato cognitivo così come sviluppato da Collins, Brown e Newman) e la convinzione che il contesto sia un'occasione generativa (Cognition & Technology Group at Vanderbilt).
2. Dalla trasmissione alla costruzione
Una didattica 2.0 assiste allo spostamento del baricentro dell'agire dalla centralità della produzione discorsiva alla centralità della produzione di conoscenza, come il lavoro pionieristico di Scardamalia e Bereiter attorno allo CSILE (Computer Supported Interactive Learning Environment) documenta. Cosa voglia dire lo si comprende non appena - per restare al caso della LIM - si provi a concettualizzarla non solo secondo la metafora dello schermo (appesa al muro, per proiettare contenuti), ma anche secondo la metafora della finestra (punto di contatto, grazie a Internet, trala classe e il mondo) o più opportunamente come tavolo di lavoro (il che si ottiene, ad esempio, "sdraiandola" per terra o sopra un tavolo).
3. Dalla tecnologia ospite alla tecnologia ambiente
Il modello dell'aula dedicata (l'aula computer, l'aula audiovisivi) traduce un'idea di eccezionalità: è un luogo in cui non si può andare sempre, con il risultato che il consumo di tecnologia in scuoal secondo questo modello è "festivo", non feriale. Al contrario, la tecnologia in classe si naturalizza, diviene invisibile come tecnologia. Da questo punto di vista la Classe 2.0 rappresenta il "quinto livello" dell'integrazione di tecnologia in scuola (Figueira, 2005):
1) exploratory (è il livello degli insegnanti pionieri, dei guastatori che sondano terreni sconosciuti quando tutti gli altri non ne sospettano nemmeno l'esistenza);
2) supported (è la fase del blended, del Software dedicato, della tecnologia pensata come strumento e facilitatore);
3) strategic (è il livello del cambiamento di sistema, come il progetto Scuola digitale del MIUR attesta);
4) mission critical (è il livello della scuola che diviene polo di eccellenza in materia di tecnologia, facendone un punto fisso della sua mission e un tratto specifico della sua offerta formativa);
5) transformative (è il livello in cui la tecnologia trasforma le pratiche didattiche e di apprendimento).
4. La centralità del fare e del collaborare
La classe 2.0 è, infine, una classe che si roganizza attorno a due idee didattiche: l'idea del laboratorio (come da Freinet in avanti è stato teorizzato) e quella della comunità di apprendimento (Jonassen). Vengono in primo piano in tale prospettiva:
- la centralità degli apprendimenti;
- il problem solving;
- la metacognizione;
- la coinvestigazione;
- la scrittura collaborativa.
6 comments:
PROF 0.0?
Il commento non è serio come il post, ma non potevo resistere...
Vero? non vero? Se provassi a fare una indagine nella mia scuola...
Glossario tecnologico dei prof. italiani:
Outlook : un'espressione dei giovani che indica che non si è al passo coi tempi
Lim: un programma del ministero
Download: un computer con qualche problema nel funzionamento o con un cromosoma in più: un computer down-load, appunto.
hard disk: complesso heavy metal
(Fonte: La Repubblica, http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/scuola_e_universita/servizi/prof-tecnologia/prof-tecnologia/prof-tecnologia.html?rss)
Ah, bei ricordi, la foto inserita è quella della mia classe l'anno scorso...Sono contenta che qualcosa si muova e spero che qaunto già sperimentato da noi e condiviso in rete sia utile a molti.
Letizia, in parte hai ragione, ma sono propenso a credere che piano piano gli insegnanti stiano rimontando la china. Ne conosco tantissimi che sono veramente bravi e che, grazie alla tecnologia, riescono a rendere interessanti persino il greco e il latino... :-))
A parte gli scherzi, personalmente sono a favore della tecnologia invisibile,perchè è proprio mia esperienza che l'utilizzo di classi speciali richiede uno sforzo non indifferente per rendere "quotidiano" e "naturale" l'ambiente tecnologicamente potenziato. Con qualche classe ci riesco... A proposito di render piacevoli latino e greco -belli come sono, mi fa orrore solo dirlo:-)- mi piacerebbe raccontarti di una esperienza di traduzione contrastiva realizzata con la IWB (orazio, l'ode del Soratte) che ha avuto un esito veramente ottimo,specie per la carica metacognitiva che ha suscitato nella mia III classico.
Un'altra riflessione, però , vorrei fare in relazione al tuo commento. Mi sembra sempre più che la questione non sia per gli insegnanti tecnologia si o no. Sia una questione etica, di responsabilità, di professionalità (aggravata da un contesto che non valorizza adeguatammente le professionalità migliori...).Tutti quelli che cominciano a dedicare il loro tempo alla tecnologia non smettono più...le resistenze, le paure sono ampiamente superabili se c'è la volontà di migliorare come docenti, di crescere in termini di consapevolezza didattica e non rimanere ancorati per comodo a come si è fatto per vent'anni, scaricando le responsabilità sui ragazzi che non sono più come una volta, che non sono adatti a questa scuola, che sono troppo protetti ...e via andare.Come formatore di neoimmessi in ruolo ho visto insegnanti che con fatica "risalivano la china" e che ancora mi ringraziano di aver aperto loro un mondo; ne ho visti altri che copiavano di sana pianta i lavori da un collega...
Perchè il Ministero promuove progetti mirabili come Cl@ssi 2.0 ma contestualmente li rende inacessibili?
Quante scuole hanno potuto partecipare a questo progetto? Purtroppo ... pochine pochine...!!!
peccato!
Chi ne resta fuori resta indietro e se vuole far nuove esperienze con un minimo di aiuto può solo ricorrere alle belle esperienze dei colleghi ("buone prassi" per chi le ha vissute!) e sperare di riuscire a trovare i mezzi (economici) per organizzarle nel proprio istituto...
GRAZIE Paola!
Ciao, mi piacerebbe sapere se ci siano scuole-campeggio estive per studenti medi e superiori, in zone diverse dalla propria regione, possibilmente in zone connesse a parchi naturali, con laboratori artistici e possibilità di fare piccole mostre, blande escursioni - per docenti abilitati nelle discipline artistiche e disegno potrebbe essere un'occasione per viaggiare e divertirsi, stare in compagnia ed essere ovviamente utili... tanialetizia.gobbett@alice.it
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