Tuesday, April 19, 2011

Amici reali e virtuali

Il 2 aprile scorso sono intervenuto ad Arese, vicino a Milano, nell'ambito di un ciclo di incontri per genitori organizzato dall'amministrazione comunale in collaborazione con il COSPES locale. Il tema - Amici reali e virtuali - mi ha consentito di articolare un intervento scandito in una premessa e tre passaggi che restituisco di seguito.
La premessa è costituita dal "peso" che la discorsivizzazione sociale su questo tema è andata e va tuttora assumendo attraverso la stampa, la televisione, gli incontri come quello in oggetto. Questa discorsivizzazione è il luogo della contrapposizione di due grandi racconti.
Il primo è un racconto di emancipazione. Esso è alimentato dall'utopia tecnofila che lega alla tecnologia una serie di valori: l'emancipazione dal luogo (poter comunicare da qualsiasi posto, essere sempre connessi), l'emancipazione dal corpo (fare a meno di essere presenti), l'ampliamento delle possibilità umane.
L'altro è invece un racconto di conservazione. Lo alimenta la distopia tecnofoba che lega alla tecnologia la perdita del valore. Questo discorso produce la convinzione che i ragazzi di oggi siano diversi da quelli di ieri, che i nuovi media siano una moda e non vera cultura, che siano superficie laddove invece occorrerebbe la profondità (si veda come esempio di questa distopia l'ultimo libro di Paola Mastrocola, Togliamo il disturbo).
Sono convinto che occorra andare oltre. Si tratta di lasciar perdere i discorsi e confrontarsi con serietà sulle pratiche.
Ed ecco i tre passaggi che scandiscono la mia analisi.

1. Amici reali, amici virtuali
Partiamo dagli amici. In Facebook ne ho 1339, la "legge dei 150" dice che tanti se ne possono annoverare in una vita intera, le analisi di Cameron Marlowe, sociologo in-house di Facebook, dice che nel social network ne abbiamo in media 120 ma che solo 4 o 5 di questi sono maintained. Si tratta di un primo spunto di riflessione: quando si parla di amici si tratta di intendersi sui termini.
Quanto al fatto, poi, che siano virtuali sembra ormai necessaria una decisa riconcettualizzazione del termine. Occorre passare dalla contrapposizione (real life vs artifical life) alla continuità: la rete costituisce solo uno dei tanti scenari di azione che costellano la nostra vita di relazione. Non c'è ragione di credere che sia meno "reale" o significativo di altri.

2. Fenomenologia della comunicazione mediata
Telefono cellulare e social media concorrono a modificare le logiche secondo le quali i ragazzi (ma anche noi) costruiscono la loro identità, le loro relazioni, ripensano la loro partecipazione.
La costruzione identitaria passa oggi in larga parte dalla mediazione dei media. Come altre volte ho ricordato, l'estroflessione e la fuga dal privato rappresentano due indicatori importanti di questo fenomeno: si passa dal diario custodito nel cassetto della scrivania al wall di Facebook. L'Identity Performance subentra alla Identity Erasure: non si gioca più a nascondersi o a simulare di essere altri da sé, ma si è pienamente se stessi, nel modo più pubblico che si possa immaginare.
Per quanto riguarda la relazione va notato come la comunicazione mediata non le sottragga tempo, ma di fatto la prolunghi: è questa la funzione di Messenger o di Facebook per gli adolescenti, ovvero di tenerli in contatto anche quando non possono più stare insieme fisicamente. Ma c'è di più. La relazione mediata sta producendo un ritorno dei legami: gli adolescenti tengono a far sapere di essere "fidanzati con", si fotografano con il loro lui/lei, rendono pubblica e ufficiale la loro relazione. D'altra parte, il telefono cellulare sta diventando uno strumento importantissimo di parenting: un guinzaglio sul cui filo si gioca la dialettica tra libnertà e controllo tra genitori e figli.
Un cenno merita infine la partecipazione. Il social network riporta in primo piano la razionalità dialogica per la soluzione dei conflitti e allo stesso tempo propone nuove forme di appartenenza: è il caso dei gruppi di Facebook, esperienze localizzanti più che globalizzanti. Ma allo stesso tempo occorre riflettere su come, questa volta in senso globalizzante, la rete estenda la percezione dell'altro oltre i limiti del locale. Una dialettica interessante su cui merita riflettere.

3. Per l'intervento educativo
Sul piano educativo, a margine di questi rilievi, ci si può muovere a due livelli.ù
In primo luogo occorre registrare delle oscillazioni che possono sfociare in criticità:
- nel caso del'identità, la fine della mediazione e la crisi dell'autorità;
- nel caso della relazione, la fuga dal silenzio e la saturazione sociale;
- nel caso della partecipazione, la costruzione di legami a bassa definizione o improntati alla logica dele fedeltà parallele.
Il secondo tipo di rilievo riguarda le strategie di intervento. Le domande dei genitori e degli educatori sono chiare: qual è l'età giusta per il primo cellulare? E quali competenze servono? Come si possono formare gli adulti? I filtri servono ?
In ordine sparso si possono annotare alcune indicazioni:
- educare non proteggere;
- inserire sempre la norma (le regole) all'interno della relazione;
- non prestare attenzione solo al tempo passato dai ragazzi con i media, ma anche ai contenuti, al tipo di attività che essi svolgono con essi.

1 comment:

Dr simon Ponce md said...

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