Friday, April 4, 2008

Scuola e informazione

Il 31 marzo scorso si è tenuto a Milano, presso il Circolo della Stampa, un seminario di studio sul rapporto tra la scuola e l'informazione. Nel mio intervento ho provato a disegnare per tratti la situazione attuale e a indicare alcune prospettive per il futuro.
L'analisi dell'oggi chiede di prendere anzitutto in considerazione lo spazio della scuola nell’informazione. Lo si può descrivere notando come:
- la scuola sia presente nell'informazione solo se notiziabile. Non fanno notizia le buone pratiche, ma il disservizio, la trasgressione, la devianza: storie di bullismo, abuso, pedofilia; gli ultimi posti nelle indagini OCSE-Pisa; le defaillances della classe-docente. Non serve lamentarsene: è una legge del giornalismo;
- in virtù del proprio potere di agenda (cioè della sua capacità di influire sui temi che devono entrare sotto la lente della pubblica attenzione), la stampa tuttavia non “copre” informativamente solo il peggio della scuola, ma contribuisce a costruire una rappresentazione pubblica della scuola negativa e preoccupante;
- questa rappresentazione retroagisce sugli stessi operatori della scuola alimentando un diffuso senso di millenarismo educativo: la percezione cioè di trovarsi alla fine (dell’istituzione, della professione, dell’educabilità degli allievi) e in permanente stato di estrema emergenza.
L'altro versante del rapporto tra la scuola e l'informazione è quello che si può indicare parlando dello spazio dell’informazione nella scuola. Anche qui tre rapide annotazioni che restituiscono un quadro in chiaro-scuro:
- l'informazione spesso non ha goduto e non gode di credito ed è vista con sospetto. Pensiamo alla classica opposizione tra storia e cronaca, che finisce per non riconoscere diritto di cittadinanza in scuola all’attualità perché mancherebbe della sufficiente distanza per poter consentire un giudizio misurato e oggettivo. Ma pensiamo anche a come il giudizio negativo sullo stile di una composizione di italiano si compendi spesso nel definirlo “giornalistico”;
- essa è comunque spesso presente come oggetto culturale (il giornale in classe). Qui l’atteggiamento è ambivalente: da una parte si riconosce che la lettura del quotidiano dovrebbe far parte delle pratiche di cittadinanza normali dell'individuo maturo in una società democratica; dall’altra si presuppone comunque che la scuola possa svolgere un ruolo educativo nel senso della decostruzione, dell’accertamento della attendibilità della notizia, della comparazione tra diverse messe-in-forma dei fatti;
- infine, l'informazione è presente nella scuola anche come genere espressivo (il giornale di classe). Qui, da Freinet in avanti, il “fare informazione” in classe simulando il lavoro di redazione significa abilitare il lavoro di gruppo, valorizzare le diverse intelligenze, rilanciare la riflessione e i valori didattici della scrittura.
Partendo da questo quadro, cosa si può auspicare per il futuro al fine di massimizzare l'impatto positivo dell'informazione sulla scuola minimizzandone quello negativo?
In estrema sintesi si potrebbe dire: che la scuola “entri” materialmente nell’informazione, e l’informazione in scuola. Come? Attraverso due strategie già percorse soprattutto all’estero (ma anche nel nostro Paese, sebbene in pochi casi).
La scuola può entrare nell’informazione attraverso:
- iniziative di “accesso” delle classi alle pagine del quotidiano;
- iniziative di “apertura” delle redazioni alle classi (Periodista por un dia, Baires).
L’informazione può entrare a scuola attraverso:
- corsi e attività educative condotte dai giornalisti nelle scuole;
- iniziative istituzionali forti (come la Semaine de la Presse in Francia, organizzata dal CLEMI);
la curricolarizzazione di attività di Media Education che mettano al centro dell’attenzione l’informazione nelle sue forme.

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